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lunedì 23 gennaio 2012

Charleston, South Carolina, il tabacco e l'aviazione civile




Tra le città più ricche degli Stati Uniti alla fine del XVIII secolo grazie alla tratta degli schiavi e alle piantagioni di tabacco e cotone, Charleston ha conservato buona parte degli edifici pubblici e privati dell'epoca e del secolo successivo.  E' un piacere riscoprirla dopo quasi vent'anni dalla prima visita. Un po' più tirata a lucido, conserva intatta la sua immobile indolenza e  ancora resiste ai tentativi di farla assomigliare a Disneyland, destino comune alla maggior parte dei luoghi che hanno la sventura di essere definiti 'storici' in questo paese. 



Forse sarà l'attesa snervante di cinque ore all'aeroporto di Charleston, miserino, dove mi ha depositato con largo anticipo un tassista nero almeno settantenne con tutti i denti dorati e camicione tribale, ma quei sinistri, giganteschi aeroplani neri che si levano in volo senza sosta nella notte non mi rassicurano. Al decollo, il nostro minuscolo Embraer United, in ritardo di quattro ore, sarà costretto a farsi spazio tra loro. Nessuno se ne cura, tra i passeggeri accasciati per ore sulle poltrone in finta pelle, nemmeno tanto annoiati né infastiditi nonostante l'assoluta assenza di informazioni sulla sorte del nostro volo (semplicemente 'delayed' per parecchie ore), né sulle motivazioni del ritardo. Gli americani sono pazienti e confidano nell'autorità. Per ingannare il tempo, il Vostro Imbucato segue una sua pista e scopre che Charleston è la sede del montaggio finale del nuovo Boeing 787, aereo di nuova concezione di cui si dicono meraviglie, i cui primi esemplari, dopo anni di ritardi, hanno iniziato a essere consegnati progressivamente. A ben guardare lo stabilimento sembra essere dall'altra parte della pista, e gli uccellacci neri devono servire a convogliare incessantemente a Charleston pezzi di 787 prodotti in altri stabilimenti sparsi per il mondo. O così almeno credo.




Un tabaccaio e la veranda di una casa aristocratica

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