Beati voi
che stavate dormendo della grossa.
Mentre a me toccava l'ingrato compito
di seguire in diretta il primo dei tre dibattiti televisivi tra Barack Obama e
lo sfidante Mitt Romney (i prossimi sono previsti il 16 e il 25 ottobre). Per un'ora e mezza circa i due si sono confrontati con cortesia ma aggressiva
determinazione su temi quali: come rilanciare la
crescita economica e ridurre la disoccupazione, come
affrontare il deficit di bilancio e riformare la politica fiscale, come
migliorare i servizi sociali e sanitari e investire nel sistema educativo.
Condendo il tutto con la loro concezione filosofica su quale debba essere il
ruolo dello Stato nella società americana. Infaticabili, e per nulla
intimoriti dal compito titanico che si trovavano ad affrontare, ci hanno fornito
le loro ricette in-pillole-di-due-minuti-con-diritto-di-replica, hanno
snocciolato un diluvio di dati e statistiche puntualmente
contraddittori rispetto a quelli forniti dall'avversario, hanno scosso la
testa, puntualizzato e precisato. Tra attacchi, difese e affondi per mettersi
reciprocamente in difficoltà, è mancato il colpo del KO, la battuta che sarà
ricordata come decisiva (non ne sono mancati esempi nel passato: date
un'occhiata alla godibile compilation del New York Times). Eppure,
pochi secondi dopo la chiusura del sipario, mentre i candidati si stringevano
la mano e le le rispettive famiglie festanti invadevano il palco, già i
commentatori della CNN, ammassati intorno a un tavolo che ricorda quello del
Processo del Lunedì, si precipitavano unanimi, parlandosi addosso con quel
loro veloce eloquio sincopato che vuole essere professionale, ad attribuire
la vittoria ai punti a Mitt Romney. Sembravano stupefatti che il Candidato
sbeffeggiato e pasticcione fosse riuscito a tenere testa al Presidente,
rinfacciandogli con una sorta di allegra, martellante sfrontatezza gli
insuccessi del suo mandato. Mentre il Presidente, rigido e ingessato, sembrava
essere piovuto là controvoglia, piuttosto infastidito di doversi difendere e sin troppo professorale e prolisso nel farlo. Ha ripreso un po' la mano solo verso la fine, riuscendo a sfoderare alcuni dei suoi celebri larghi sorrisi e mostrandosi talora efficace nel denunciare la vaghezza progettuale dell'avversario. Chi ha le idee chiare e ha seguito la campagna fin dall'inizio non avrà scoperto nulla sul piano dei contenuti: Romney si è dimostrato il solito, incorreggibile businessman ultraliberista prestato alla politica, e Obama il consueto serioso, posato uomo di Stato che mira a difendere lo Stato sociale. E chi si occupa di sondaggi ci ammonisce che di rado i dibattiti riescono a spostare più dell'1% dell'elettorato, e quasi mai a decidere le elezioni. Ma chi dava Romney per morto da stasera si dovrà ricredere.
Ecco come il New Yorker di questa settimana riassume il dibattito: Mitt Romney, un giornalista nella fossa del suggeritore e uno scranno vuoto: quello di Obama. |
Nessun commento:
Posta un commento