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giovedì 20 dicembre 2012

George McGovern, 1922-2012: elogio di un perdente visionario

Tra gli americani scomparsi e celebrati dalla stampa nel 2012, figura George McGovern, sfidante democratico e grande sconfitto contro Richard Nixon alle elezioni del 1972, morto a 90 anni il 21 ottobre, alla vigilia della rielezione di Obama,. L'Imbucato, a cui l'ex-senatore era colpevolmente poco meno che ignoto, ha frugato nelle informazioni sulla sua vita e nei filmati d'epoca ed ha scoperto un personaggio integro e visionario, che ha cercato di accompagnare, sebbene con scarso successo, dei mutamenti sociali che sono venuti a maturazione solo quarant'anni più tardi. Eccovene un breve profilo.

McGovern, nativo del midwest, era figlio della generazione formatasi durante la Grande Depressione e forgiata dal secondo conflitto mondiale. Da quelle esperienze McGovern aveva ricavato un radicato senso del sociale e il rifiuto della guerra, che investì nella  sua militanza nell'ala più progressista del partito democratico. Da senatore, l’opposizione netta alla guerra in Vietnam fu il suo marchio di fabbrica per più di un decennio: nel 1970, durante la Presidenza di Richard Nixon, allora in carica da due anni e continuatore della catastrofe bellica in Vietnam malgrado le promesse elettorali in senso contrario, McGovern non riuscì a far approvare la mozione parlamentare che vi avrebbe posto fine. Le sue parole nel presentarla scossero tuttavia gli animi nel paese: "Ogni senatore in quest'aula è in parte responsabile della morte prematura di 50mila giovani americani", apostrofò i suoi colleghi, "Quest'aula emana odore di sangue".
Warhol utilizzò la faccia poco raccomandabile di Nixon per invitare a votare McGovern
(opera esposta attualmente nella mostra "Sinister Pop", sino al 31 marzo al Whitney Museum)
Due anni più tardi, il suo discorso alla Convention repubblicana che lo elesse sfidante di Nixon alle elezioni fu uno spettacolare atto di accusa contro il Presidente e le sue emergenti tendenze antidemocratiche, un atto di dolore per il sangue versato inutilmente da ambo le parti, un rifiuto della guerra e una promessa di cessarla immediatamente ("Porrò fine all'insensato bombardamento dell'Indocina il giorno stesso in cui presterò giuramento"). Ad ascoltarlo oggi, quel discorso visionario, sincero ed ispirato mette ancora la pelle d’oca.
Peccato che all'epoca non lo vide nessuno: McGovern era riuscito ad imporsi contro i capibastone del partito democratico dopo giorni di laceranti dibattiti e divisioni interne che si erano conclusi solo a notte fonda. Il suo discorso di investiture andò in onda alle 3 del mattino! Alle elezioni di novembre le divisioni del partito gli costarono caro: durante le primarie McGovern si era guadagnato il sostegno del nuovo elettorato democratico emerso negli anni della contestazione, composto di giovani, minoranze, donne e gay, contestatori e pacifisti, militanti dei diritti civili e sostenitori delle uguali opportunità. Nixon non ebbe difficoltà a metter in guardia l'elettorato bianco, moderato e benpensante allora largamente dominante contro McGovern, che bollò come tutto 'amnistia, aborto e droga'. A contribuire alla sconfitta elettorale fu anche la scelta del Vice Presidente, fatta in tutta fretta, e dopo quindici giorni rinnegata quando emersero i trascorsi clinici per malattia mentale del Candidato. McGovern andò incontro alla più catastrofica sconfitta elettorale della storia (Nixon si affermò in 49 Stati su 50), e finì per essere sbrigativamente liquidato dal partito democratico come lo spauracchio di una sconfitta annunciata, simbolo dell'impossibile affermazione della sinistra radicale nel paese. Eppure, tutti oggi riconoscono che se George McGovern avesse vinto le elezioni, l'America sarebbe uscita con qualche anno di anticipo da un conflitto sanguinoso  e impresentabile con un risparmio di molte migliaia di vite umane, e il paese si sarebbe risparmiato il dramma del Watergate e di un Presidente dimissionario. Se si potesse rifare la storia, gli americani oggi eleggerebbero McGovern a grande maggioranza. Una bella consolazione per un uomo che aveva capito  molte cose, ma troppo in anticipo sui tempi.

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