La notizia della
scomparsa tragica e prematura di Whitney Houston ci ha colto a Washington. Al riparo
dalla nevicata, si discettava amabilmente in una di quelle casette immerse nella periferia della città. Una periferia in cui si affollano diplomatici, giornalisti e funzionari
internazionali per addolcire alle loro famigliole le pene dell’espatrio, all’ombra dei grandi alberi e delle buone scuole. Gli argomenti erano Afghanistan, e Pakistan,
e Benazir Bhutto, e i limiti della politica americana nella regione. E mentre
l’imbucato si ubriacava a vinho verde
annuendo meccanicamente ai sapidi ricordi dei grandi inviati di guerra e alle scarne
parole distillate dal Generale duestelle, è arrivata la notizia. Tra i
giornalisti un fuggi fuggi, chi a chiedere istruzioni al giornale, chi, dopo
aver consultato Wikipedia, a discettare in diretta sul ruolo della sfortunata
cantante nella storia della pop music. Sbarazzatosi del pensiero dell’Afghanistan, all’Imbucato non restava che lasciare affluire i
ricordi di una Whitney fidanzata d’Italia, giovane talento dal successo planetario, acqua,
sapone e tanta ingenuità in un qualche Sanremo degli anni 80. E il suo successivo
riemergere da qualche sinistra decrepita caverna, sfigurata da un decennio di
droga, degrado e disperazione. In mezzo, l’apice del successo. Era l’inverno del
1992, e il futuro Imbucato, fresco di laurea neo-promosso ricercatore provvisorio presso i
National Archives di Washington, scopriva l’America in solitario con la
curiosità insaziabile e incantata dei neofiti. Come unica inevitabile accompagnatrice,
dagli shopping mall ai musei dello
Smithsonian, dalle piste di pattinaggio all’aperto all’inauguration di Bill Clinton, c’era sempre lei, Whitney, e il
suo straziante, prolungato, onnipresente bramito
d’amore per il Bodyguard Kevin Kostner: “But I, I, I will always love youuu”.
Cara Whitney, il tempo stempera tutto, il tuo bramito mi è oggi meno insopportabile, e in ricordo di quel lontano, breve ma indimenticato percorso comune, spero che il mio pensiero affettuoso ti raggiunga là dove tu sei.
Un lettore ci segnala (nei commenti) la trasmissione della TV francese degli anni 80 in cui una giovane e ignara Whitney viene lanciata nella fossa dei leoni con un priapico Serge Gainsbourg in preda all'alcool, spalleggiato da un presentatore amico delle star (che peraltro ancora imperversa). Eccovene l'integrale.
Cara Whitney, il tempo stempera tutto, il tuo bramito mi è oggi meno insopportabile, e in ricordo di quel lontano, breve ma indimenticato percorso comune, spero che il mio pensiero affettuoso ti raggiunga là dove tu sei.
Un lettore ci segnala (nei commenti) la trasmissione della TV francese degli anni 80 in cui una giovane e ignara Whitney viene lanciata nella fossa dei leoni con un priapico Serge Gainsbourg in preda all'alcool, spalleggiato da un presentatore amico delle star (che peraltro ancora imperversa). Eccovene l'integrale.
Ciao Riccardino
RispondiEliminail bramito di Withney sarà pure un clin d'oeil nostalgico alla nostra giovinezza, ma sempre di bramito pop insopportabile tratta(va)si. Il problema di Withney è stato uno solo: troppo brava per un repertorio che definire deludente è poco. Io amo ricordarla ostaggio di una trasmissione vintage alla televisione francese dove subiva le pesantissime attenzioni e le intemperanze verbali di un Gainsbourg in visibile stato di alterazione alcolica. Il genio maledetto e la ragazza dall'ugola d'oro. La differenza di peso specifico tra i due era imbarazzante.
Le sia lieve la terra
D'accordissimo. Il bramito era insopportabile, solo il tempo e la compassione mi consentono di ricordarlo con tenerezza.
Eliminache vecchio bavoso. Amico, sei grande
RispondiEliminaE comunque I will always love you è stata una delle canzoni peggiori che abbia mai cantato. Ci sono altre gemme che andrebbero condivise. A me piace ricordarla così. Giovane, fresca, fiera, quasi girl-next-door: http://www.youtube.com/watch?v=5jeUINzHK9o&feature=related
... E anche patriotta!
EliminaGrazie amico