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lunedì 6 febbraio 2012

Las Vegas: Romney vince ancora, emerge il Nonnetto Brontolone


Romney ha vinto di nuovo, questa volta in Nevada, e la cosa fa già meno notizia. Ha anche ottenuto la benedizione all'ultimo minuto da parte di Donald Trump, palazzinaro megalomane che a Las Vegas è di casa, con il quale non sembra avere troppe cose in comune. Ma siccome ci si aspettava che Trump avrebbe finito per preferirgli Newt Gingrich, Romney ha incassato ben volentieri. E mentre Gingrich lanciava tronitruanti proclami che continuerà la campagna sino allo sfinimento, già si vocifera che il magnate dei casino' e falco filo-israeliano Adelson, che gli ha fornito la benzina finanziaria necessaria per andare avanti sin qui, incominci ad averne abbastanza di buttare soldi su un perdente e mediti di cambiare cavallo. Con Gingrich ancora rabbioso ma sempre più sgonfio, sale agli onori della cronaca, già annoiata, il "dottor Paul", il Quarto Candidato. Che sarebbe il nonnetto settantaseienne che ha il suo periodico momento di gloria quando appare abbarbicato con aria persa a uno degli scranni dei dibattiti televisivi tra candidati, ai quali ha partecipato fin dall'inizio, per poi scomparire in un apparente oblio nelle settimane successive. Paul, medico buttatosi in politica in tarda età per perseguire un suo originale programma di estremismo libertario coltivato sin dall'infanzia, ci tiene a dare di sé un'immagine di brontolone saggio ma sopra le righe. E poiché è il re degli outsider che mai potrà ottenere la nomination, si può' anche permettere con un certo successo di fare lo spiritoso. All'ultimo dibattito in Florida, mentre i principali candidati si accapigliavano sul programma spaziale ha fatto ridere tutti decretando che sulla luna bisognerebbe mandarci qualche politico, decantando la propria salute di ferro, o sbeffeggiando le enormi disponibilità finanziarie degli altri candidati in rapporto alle sue. Se Paul fa spesso pensare ai vecchietti che brontolano dal loggione del Muppet Show, di certo non va sottovalutato. Innanzitutto, povero non è grazie ai suoi ingenti investimenti, esclusivamente in beni rifugio e principalmente in lingotti. Poi, può' far sfoggio di una coerenza da conservatore vecchio stampo che fa difetto ai suoi principali avversari. Il suo programma, lo stesso da sempre, è per una sussidiarietà spinta all'estremo che punta a eliminare la presenza dello stato federale in molti settori, tagliandone drasticamente le spese e ogni forma di assistenzialismo.  Fautore del ritorno a una qualche forma di Gold Standard, Paul è nemico della prima ora della Federal Reserve, a cui attribuisce la responsabilità della crisi finanziaria (il cui verificarsi aveva previsto in tempi non sospetti). Se il suo liberismo economico è spinto all'eccesso, in politica estera non è lontano da posizioni da sinistra europea nemmeno tanto moderata: taglio draconiano delle spese militari, fine di qualunque impegno militare all'estero, pragmatismo con Cuba e rifiuto di un appoggio esclusivo e unilaterale a Israele. Sui temi sociali, può' permettersi di non essere ostile al matrimonio tra omosessuali, cosa impensabile per qualunque candidato repubblicano con qualche velleità di vittoria finale. Se Paul ha sempre avuto un ruolo marginale nel partito e non può' contare sull'appoggio dell'establishment e dei grandi finanzieri, ha dalla sua una organizzazione capillare di aficionados, per lo più giovani, che gli ha consentito di ottenere quasi il 20% in Nevada (lo stesso exploit gli era riuscito in New Hampshire), a un passo da Gingrich, e di emergere come un vero rompiscatole all'interno del partito. Perché se la nomination realisticamente non rientra tra i suoi obiettivi, Paul punta deciso a fare uscire il suo movimento dalla marginalità, infiltrandosi nel processo decisionale del partito per influenzarne maggiormente le politiche e le scelte dei candidati a livello locale e non.  Insomma, un'operazione non dissimile da quelle di tipo correntizio a cui la politica italiana ci ha abituato e che potrebbe essere coronata da successo se, come sembra, Paul potrà ottenere risultati altrettanto confortanti in almeno alcuni dei 17 Stati che voteranno nelle prossime settimane (10 durante il "Super Tuesday" del 6 marzo). Nel frattempo, aspettiamo con impazienza il nuovo capolavoro di falsa ingenuità che l'arzillo vecchietto saprà proporci durante il dibattito del 22 febbraio in Arizona, quando uscirà di nuovo da un oblio che ormai non è forse più davvero tale.


PS Per dovere di par condicio pubblichiamo la foto di Carol Paul, la quarta delle mogli, sinora mancante al nostro blog. Carol è madre di 5 figli, nonna di diciotto, bisnonna di quattro nipotini e sosia della Signora in Giallo, ci segnala una nostra gentile lettrice (Carol è quella a sinistra). 
Il marito ha reso pubblico omaggio al libro di cucina della famiglia Paul, da lei curato (supponiamo anche per incrementarne le vendite su Amazon:
 http://www.amazon.com/Ron-Paul-Family-Cookbook-2012/dp/B006VDDI8Q)






1 commento:

  1. Anche solo per averlo assimilato ai vecchietti dei Muppets, mi garba questo Ron Paul!
    .......e poi, uno che ha sposato la signora Fletcher...!!

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