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sabato 16 giugno 2012

Tra Cagliari e il Nebraska (e ritorni): un omaggio personale

Di  Università, in Sardegna ce ne sono due. Parecchio antiche. Lo dico a beneficio dei tanti interlocutori americani ma non solo che immaginano l'isola come un remoto paradiso tropicale popolato di yacht e che al solo apprendere la notizia spalancano tanto d'occhi. A Cagliari, la facoltà di scienze politiche, che tre generazioni della mia famiglia menano vanto di avere frequentato fino alla laurea, occupa con le altre facoltà del cosiddetto 'polo giuridico-economico' una delle zone più belle della città. Gli edifici che le ospitano, per lo più ereditati da vecchie, benemerite istituzioni pubbliche di assistenza a varie categorie di disabili e tuttora denominati in loro onore ("ex-ciechi",  "ex-sordomuti"...), costeggiano l'Orto Botanico e l'Anfiteatro romano e si arrampicano sul colle di Buoncammino, da cui si gode uno dei più bei panorami della città a picco sul mare e sugli stagni. 



Certo, quanto a prestigio o qualità dell'insegnamento l'Università degli Studi di Cagliari, Sardegna, non può competere con Columbia University in the City of New York (le cui rette sono peraltro incomparabilmente più elevate!). Tuttavia, ha saputo offrire a generazioni di studenti isolani un percorso formativo equiparabile a quello di altre Università pubbliche italiane, ponendoli in condizione di competere ad armi quasi pari malgrado il divario legato all'insularità e all'asfittico retroterra economico. Come in altre Università non solo italiane, oltre all'entusiasmo e allo slancio degli studenti il sistema si regge su uno zoccolo duro di docenti che con  impegno e abnegazione riescono a fornire un insegnamento d'eccellenza pur in presenza di mali cronici cui innumerevoli riforme incessantemente riformate hanno invano cercato di porre rimedio nel corso degli anni: la carenza di risorse, il sovraffollamento, il clientelismo, il peso asfissiante dei baronati e dei privilegi, l'assenza di sbocchi per i meritevoli... 
Quando un mesetto fa sono andato  a trovare Liliana, la mia ex-professoressa e relatrice della mia tesi di laurea in storia delle relazioni internazionali, che di quella categoria di docenti è uno dei più rappresentativi e che per quei mali non si dà pace, mi è sembrata ancora più piccolina dietro i saggi americani ammucchiati nello studio al primo piano di scienze politiche, da cui si scorge un pezzetto di golfo.  Ma animata dal consueto entusiasmo. Trafficava su Internet, alla ricerca di soluzioni di viaggio che la portassero da Cagliari a Omaha, Nebraska, nei cui pressi cinquant'anni fa, in piena Guerra Fredda, fu tra le prime studentesse sarde a frequentare un anno di liceo nell'ambito del programma di scambio American Field Service, antesignano di Intercultura in Italia. La sua High School dell'epoca festeggia la ricorrenza, e non le andava di mancare, anche se il tipo di viaggio che avrebbe preferito, attraversare l'oceano a bordo di un bastimento e poi il Midwest in bus Greyhound come fece allora, risulti oggi poco praticabile. A malincuore, si è risolta a prendere l'aereo. Ed è allora che ho capito che oltre all'interesse per la storia delle relazioni internazionali e al rigore della ricerca storica (che non ho poi perseguito), la Professoressa mi ha trasmesso anche la sua passione per gli Stati Uniti che nel mio caso dura da vent'anni (in America ci andai allora per la prima volta grazie a lei; non in bastimento ma su un decrepito Jumbo della moribonda TWA). Una ragione in più per esserle riconoscente. Grazie, e buon viaggio in Nebraska (il viaggio in Greyhound sarà per la prossima volta. Quanto al bastimento...).


Anni '60 
In assetto da guerra
La mitica Seven Seas. Fu dal ponte del piroscafo transatlantico Seven Seas che nel 1962, dopo lunghe giornate di traversata dell'Atlantico, la giovane Liliana vide profilarsi la Statua della Libertà prima di proseguire il viaggio verso il Nebraska in bus. All'epoca il Seven Seas era già reduce da altre avventure: varato come nave da trasporto alla vigilia dell'intervento americano, venne requisito dalla Marina militare allo scoppio della guerra. Equipaggiato di un ampio ponte superiore capace di accogliere 20 aerei da combattimento, partecipò fra le altre alla battaglia di Guadalcanal. Tornata al servizio civile dopo la guerra, la nave si affrancò da ponti d'atterraggio e cannoni, fu ristrutturata quel tanto che bastava e adibita al trasporto emigranti  essenzialmente alla volta dell'Australia. La stipavano in 1300, talora in partenza dal sud d'Italia.  Nel 1953, col nuovo e definitivo nome Seven Seas, fu impreziosita di accoglienti salottini nello stile dell'epoca, dotata di una prima classe e di ponti più ampi e iniziò un regolare servizio di crociera per turisti e studenti tra l'Europa e il Nordamerica. Terminata la carriera sull'Atlantico nel 1966, fu ormeggiata nel porto di Rotterdam e offrì alloggio a studenti e poi a lavoratori immigrati. Nel 1977, la Seven Seas, dopo 37 anni di onorato servizio, prese la via del Belgio per essere definitivamente demolita.
Un tetto per studenti
Accoglienti salottini

(Immagini e ricostruzione storica tratti dal sito "ssmaritime").



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