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giovedì 12 aprile 2012

Sulla socializzazione in America e come ti sistemo Facebook

Quello che segue è un breve case-study sulle tecniche di socializzazione negli Stati Uniti, sempre in bilico tra socievolezza, ingenuità e interesse personale:
Quello a destra  nella foto si chiama Simon Z., è uno studente californiano in studi mediorientali all'Università di Santa Barbara, attualmente in stage presso la Clinton Foundation a Harlem. Una sera di un paio di settimane fa faceva visitare Times Square alla fidanzata mentre ci trovavamo nei paraggi. Con il pretesto di una foto, è nata una di quelle amicizie in pillole in cui sono specializzati gli americani e che sconcertano  il visitatore europeo, per natura più riservato con gli estranei. La sincera curiosità verso il prossimo e l'ansia di acquisire nuove conoscenze da metabolizzare e incasellare rapidamente nel loro sistema mentale vanno di pari passo negli Americani con la propensione a condividere la propria vita con gli altri, spesso senza troppo preoccuparsi di fornire dettagli personali anche a dei perfetti estranei. Così, in un quarto d'ora di conversazione serrata e in un crescendo di entusiasmo sotto gli occhi dell'esterrefatta amica sardo-romana appena sbarcata dall'Europa, di Simon e della sua fidanzata abbiamo appreso tutto o quasi, e lui di noi, sino a scambiarci gli indirizzi e-mail. Che noi, pur contenti dell'incontro inaspettato, abbiamo prontamente archiviato senza seguito. Ma non Simon, ancora giovane ma perfettamente indottrinato alla cultura americana del follow up, che spinge a scorgere dietro ogni contatto, più o meno formale, una possibile utilità in funzione della propria carriera presente o futura. Così, anziché un'eventuale mail informale, ne abbiamo ricevute due, una a testa, identiche nella forma ma nella sostanza abilmente adattate ai nostri rispettivi interessi professionali, in cui Simon si rallegrava del nostro incontro esaltante (in America gli aggettivi in questi contesti non sono mai troppo misurati), definiva entusiasmante il fatto che avessimo tante cose in comune (le relazioni internazionali, nel mio caso), esprimeva la speranza di rivederci presto, e corredava il tutto con la foto con l'ex-Presidente, per fugare ogni dubbio di mitomania. Mancava solo il Curriculum in allegato. L'episodio dell'incontro con il socievole Simon aiuta a spiegare perché un fenomeno come Facebook, basato sulla catalogazione di orde di illustri sconosciuti sotto la voce "amici", e sulla profittevole monetizzazione della loro ansia di contatti sociali (Facebook  si appresta a fare il suo ingresso in Borsa con un valore probabile intorno ai 100 milioni di dollari), potesse essere inventato in un solo paese al mondo: gli Stati Uniti.

Riguardo a Facebook: dopo attenta riflessione ho presso la sofferta decisione di riaprire il mio conto (e anzi di aprirne un secondo per esigenze diciamo commerciali a nome della mia casetta di campagna). Il conto era rimasto faticosamente attivo per pochi mesi prima che lo chiudessi con un certo livore due anni fa, imprigionandoci dentro i cinque soli scalcagnati veri amici e vaghi conoscenti che mi ero imposto di accettare. Ma ho altresì preso la solenne decisione di non accettare alcuna futura richiesta di nuovi "amici", la cui unica funzione, mi risulta, è quella di imbrattare il cosiddetto 'muro' con le loro insulse stupidaggini. È una resa, ma non senza condizioni, ne converrete.

1 commento:

  1. Odio Facebook come poche cose al mondo. Spinto dalla petulanza di mia sorella ho aderito qualche tempo fa. Mia sorella non mi ha mai contattato su FB (malgrado le sue promesse), ma in compenso sono riaffiorati numerosi zombie dal passato, che hanno cominciato a tempestarmi di scempiaggini, un reminder del PERCHE' ci eravamo persi di vista (ci sara' stata una ragione, no?). La goccia che ha fatto traboccare il vaso e' stata la richiesta di amicizia di una collega di lavoro (che l'imbucato, ahimé, conosce mooolto bene) che mi ha spinto a chiudere l'account in fretta e furia. Anche se poi l'account non si puo' chiudere davvero, si disabilita solo (un altro motivo per odiare profondamente FB).

    Ma ancora piu' di FB odio visceralmente Twitter. 140 caratteri di nulla, ormai tutti devono avere un conto Twitter per esternare sentimenti, descrivere situazioni o dare notizie nello spazio di un SMS. Comunicare via Twitter e' indispensabile, se non ce l'hai non sei nessuno. E, come per gli "amici" di FB, devi avere un sacco di followers, tanto che c'e' chi se li compra. Twitter, il nulla in tempo reale, ma che si deve prendere terribilmente sul serio, che diamine, e' "social media"!

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