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martedì 24 luglio 2012

Da Columbine ad Aurora: l'America che non smette di piangere

Venerdì scorso un ventiquatrenne animato da lucida follia omicida si è travestito come il cattivo dei film di Batman, ha fatto irruzione in un multisala di Aurora, nell'hinterland di Denver, Colorado, e ha fatto fuoco alla cieca sulla folla che lo gremiva, uccidendo dodici persone, per lo più giovanissime, e ferendone alcune decine. Era armato di un fucile automatico da combattimento e altre armi che aveva acquistato in negozi poco lontani da casa, e di 6000 pallottole ordinate su Internet senza alcuna formalità. 

I volti che vedete qui sopra non appartengono alle sue vittime ma ad altre tredici, per lo più altrettanto giovani, assassinate in circostanze simili nell’aprile del 1999 mentre trascorrevano una normale mattinata di studio in una scuola di Columbine, Colorado, che da Aurora dista appena mezz'ora di macchina. Tredici anni fa. Le loro foto ingialliscono ormai sulle tombe, e il loro ricordo viene tenuto vivo dalle lapidi di marmo grigio del memoriale a loro dedicato a poca distanza dalla scuola. Quell’eccidio, intervenuto in un’epoca in cui l’America era forse un po’ più compassionevole e un po’ meno impaurita, aveva scosso le coscienze e generato un dibattito appassionato sulle cause sociali della violenza giovanile. Molte forze politiche, e alcuni genitori di quegli studenti, si erano pronunciate a favore di norme più restrittive sulla vendita di armi e munizioni. Non era poco per un paese in cui un numero variabile ma spesso maggioritario di cittadini considera il libero accesso alle armi un diritto assoluto e inalienabile garantito dal secondo emendamento della Costituzione. Con l’appoggio di Bill Clinton, che la vendita di armi ha sempre voluto regolamentarla e che nel 1994 aveva fatto approvare il divieto di vendita di armi d’assalto, alcune di quelle norme avevano fatto qualche passo avanti al Congresso, per essere poi accantonate senza esito. Nel 2004 l’Amministrazione Bush, che dalla potente lobby americana delle armi si lasciava con piacere influenzare, lasciò decadere anche il divieto del 1994. 
La casa dell'omicida, Paris Street, Aurora, Colorado
Dopo Columbine, più di 125 assassinii di massa si sono susseguiti in più parti del paese, perpetrati per lo più con armi da guerra. Il numero delle vittime innocenti è di molto aumentato, e così l'indifferenza della gente. Una giovane giornalista nata e cresciuta in Colorado, che accanto a me osserva gli artificieri al lavoro nell’appartamento dell’omicida ad Aurora dice che Columbine aveva straziato e sconvolto un’intera comunità, mentre all’eccidio di oggi la gente sembra reagire come se non ci facesse più caso.    
Il capo della polizia

Stampa e multisala

Beninteso, davanti alla tragedia l’America ha messo in moto la consueta oliata macchina della repressione e del cordoglio, mostrando invidiabile efficienza e coesione. Alla conferenza stampa, le autorità si fanno reciproci complimenti per l’efficienza e l’alto livello di cooperazione dimostrati nell'assicurare rapidamente alla giustizia l'assassino e disinnescarne gli ordini esplosivi. Come nei film, il capo della polizia dalla pancia prominente si mostra determinato ma in fondo paterno, l’agente dell’FBI, sguardo d’acciaio e abito che cade male, è preciso e tagliente, mentre il governatore, in maniche di camicia e ben pettinato, cerca maldestramente le parole per far mostra di una commozione che condisce di prosaico pragmatismo politico. Poco lontano, su una spianata che domina il multisala, momentaneamente chiuso, si sono assiepati i giornalisti più celebri delle reti nazionali: una sbuffata di cipria e poi in onda, trafelati, mentre da studio orde di psicanalisti ed esperti legali si interrogano sulla personalità del presunto colpevole di cui nulla sanno, e si chiedono se davvero possa essere definito pazzo. Non lontano dal luogo della carneficina già è apparso un memoriale improvvisato: la gente porta fiori, messaggi, oggetti personali, piange e si abbraccia davanti a decine di fotografi. C’è anche il carrozziere dell’Illinois il cui hobby sin dai tempi di Columbine è di preparare grandi e coreografiche croci bianche per questo tipo di occasioni: una per ogni vittima innocente.
Croci bianche e Multisala


Va in onda il cerimoniale nazionale del dolore, sincero ma un po' consunto, in cui la nazione si stringe fatalista intorno alle sue vittime come se lo fossero di un'ineluttabile catastrofe naturale. Se la prendono tutt'al più con il demoniaco assassino di turno, che questa volta porta i capelli tinti di arancione. Al rito partecipa anche il Presidente. In visita ad Aurora "da padre e marito" Obama si è intrattenuto con le vittime, ha usato le parole giuste per consolare e commuovere, ma non ha detto una sola parola da Presidente, su cosa sarebbe utile fare per meglio proteggere i suoi concittadini da simili atti di violenza. Il giorno dopo la strage il "Wall Street Journal" aveva visto giusto, "Le leggi sul controllo delle armi non cambieranno", decretava, snocciolando dati eloquenti: il 53% degli americani sono contro l'introduzione di un divieto sulla vendita di fucili da combattimento (il 56% era favorevole nel 1996); solo il 26% vieterebbe la detenzione di armi; il 47% ne ha una in casa. In piena campagna elettorale sarebbe vano attendersi un gesto di coraggio politico da parte di candidati che peraltro in passato si sono espressi in favore di leggi più repressive (e Romney da governatore del Massachusetts le aveva persino poste in essere). E sarebbe vano sperare che eventi del genere non si riprodurranno tra qualche mese o un anno. Sarà una nuova tragedia nazionale, in cui a piangere davvero saranno solo le famiglie e gli amici delle vittime. Come sempre, il loro pianto non disturberà la lobby delle armi.

1 commento:

  1. Che commentare? follia, assurdità. Ma se non la piantano di vendere armi come se fossero noccioline, ho idea che queste brutte storie si ripeteranno...manco fossero ancora nel far west a difendersi dai quesi cattivacci degli indiani. Estiqaatsi!

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