
Passeggiando per Bruxelles qualche giorno fa dopo mesi di assenza ho riscoperto la ritrovata vitalità di un centro storico di cui fino a un decennio fa deploravamo l'abbandono. La Taverne Greenwich, aperta nel 1814, un tempo frequentata da Magritte e decaduta fino a diventare polveroso rifugio di un manipolo di giocatori di scacchi amanti delle vecchie rovine, fa ora bella mostra di sé dopo uno spettacolare restauro che l'ha restituita agli antichi, dorati splendori. All'interno, aspetto venti minuti che almeno uno dei camerieri scompostamente indaffarati mi degni di uno sguardo, poi si presentano in tre, sorridenti, in rapida successione. Finiscono per servirmi due birre contemporaneamente, di marca diversa ma in perfetta sincronia, sotto gli occhi di un caposala dall'aspetto impettito e professionale che dovrebbe sovrintendere a questo artistico caos. "Poco male, una se la beve il barista", fa il caposala, e gira sui tacchi per accogliere il prossimo cliente. Il resto del pranzo arriva subito dopo, ed è buonissimo.

Il Belgio è caratterizzato da una sostanziale efficienza avvolta in un involucro di ironico pressappochismo e indolenza. Degli Stati Uniti si potrebbe dire il contrario: la massa di regole e la standardizzazione che ne sovrintendono il funzionamento quotidiano riposano sullo spreco delle risorse, e producono un'inefficienza che solo le dimensioni e il prodigioso peso internazionale del paese riescono a far passare in secondo piano. Per ragioni opposte, in mezzo alla crisi i due paesi se la cavano meglio di altri. Il Belgio ha un debito pubblico enorme, un settore pubblico ipertrofico, una marea di giorni di vacanza e di 'ponti' di varia natura, i negozi non aprono la domenica e chiudono ogni santo giorno alle sei del pomeriggio, ha un settore bancario seriamente colpito dalla crisi e ristrutturato a caro prezzo, il comparto manifatturiero è in declino e quello dei servizi in gran parte svenduto a gruppi esteri. Tutti mali comuni ad altri paesi europei, se non più acuti. Eppure, i dati dicono che il Belgio evita la recessione, ed ha segnato tassi di crescita positivi persino durante una crisi di governo record lunga un anno e mezzo. Sarà grazie al fatto che il paese è piccolo, solido malgrado tutto, centrale e finanziariamente a basso rischio perché considerato indissolubilmente legato alla Germania. Ma sarà anche, e magari soprattutto, grazie alla natura aperta e flessibile dei suoi abitanti e del suo peraltro esecrato sistema politico, alla bassa tensione sociale e un'attitudine al compromesso ineguagliabili altrove. Vista dal Belgio sornione e paffuto, sotto i soffici batuffoli di nuvole grigie che avvolgono il paese in permanenza e che sembrano isolarlo dalla periferia dell'Europa dove la crisi morde davvero, l'integrazione europea sembra quasi un progetto possibile. Se solo il resto dell'Europa fosse saggio come il vecchio Belgio...
mi sembra ci sia un filo conduttore che lega i due ultimi post, vedi video allegato
RispondiEliminahttp://www.youtube.com/watch?v=Pi5PtRJB5EU
ah ah caro guiseppe, innanzitutto grazie per la bella segnalazione musicale: la grande musica non passa mai di moda (si tratta di nostalgia canaglia dei sommi albano e romina, nel caso gli altri lettori non avessero la pazienza di andarsela a cercare). Per quanto riguarda la mia, di nostalgia, che come sai ti prende anche quando non vuoi, chissà. La chiamerei più distanza. Perché stai certo che appena rimetto piede in Belgio, mi rimetto a sputarci sopra e a sacramentare come da migliore tradizione di espatriato che si rispetti.
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